Risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità
La novità più importante introdotta dal decreto “del fare” è sicuramente aver esteso la mediazione obbligatoria anche alla responsabilità sanitaria oltre che medica. Ciò perchè di recente la Cassazione ha stabilito che la responsabilità sanitaria deriva da un contratto d’opera professionale e pertanto disciplinato dagli art.2236 c.c. Il rapporto tra paziente ed ente ospedaliero è definito dalla giurisprudenza di legittimità come contatto sociale. Dunque, per i contenuti, sia il rapporto medico-paziente che ente ospedaliero-paziente, hanno natura contrattuale.
La differenza sostanziale tra responsabilità medica e sanitaria è che l’una deriva da un errore o una negligenza del personale sanitario, mentre l’altra deriva dalla responsabilità della struttura stessa ( strutture fatiscenti, avvelenamento da cibo, errori amministrativi, ecc.).
Ad oggi in Italia manca purtroppo la cultura della mediazione e di conseguenza nella maggior parte dei casi i mediatori si trovano di fronte a delle parti che vengono solo e soltanto perchè obbligate dalla legge. Soprattutto in materia di responsabilità medica e sanitaria c’è “sfiducia” da parte dei danneggiati a trovare una soluzione bonaria. Non credono di riuscire ad ottenere un risarcimento, soprattutto in via transattiva. Il mediatore quindi deve, in primis, riuscire ad instillare nella parte istante la fiducia nella procedura di mediazione.
Se è vero che spesso le USL e le Aziende Ospedaliere non si presentano in mediazione nonostante l’obbligatorietà, è altrettanto vero che c’è una propensione in più, rispetto agli anni passati, a cercare una soluzione transattiva anche da parte degli enti pubblici.
Questo grazie anche a delle sentenze della Corte dei Conti (Sezione di Palermo) e delle ordinanze dei Tribunali ordinari (ordinanza Tribunale di Firenze, ordinanza Tribunale di Palermo, ecc.) che hanno chiarito alcuni punti sulla partecipazione o meno alla mediazione obbligatoria.
In Italia negli ultimi cinque anni le richieste danni derivanti da responsabilità medica e sanitaria sono aumentate del 180% e di conseguenza c’è sempre più interesse alla materia sia da parte dei cittadini che da parte del legislatore.
Oltre a contrastare la sfiducia nell’istituto della mediazione, in materia di responsabilità medica e sanitaria c’è anche la difficoltà ad individuare bene le parti da coinvolgere nella mediazione stessa.
Per fare ciò ci vuole una cultura di base della materia sia da parte dei mediatori che da parte degli Organismi. Infatti l’esatta individuazione del soggetto responsabile da convocare, è il primo punto per la riuscita o meno della mediazione. Si parla di riuscita, non di accordo in quanto è importante superare prima di tutto l’incontro informativo per poi svolgere la vera e propria mediazione in cui si auspica che venga trovato un accordo. E’ naturale che se non viene individuato con esattezza il responsabile, non si abbia partecipazione alla mediazione.
Ma perchè è così difficile individuare le parti nelle mediazioni che hanno per oggetto la richiesta danni derivanti da responsabilità medica e sanitaria? Perchè spesso il danneggiato ha subito più di una terapia, più di un esame diagnostico e molte volte ha girovagato da un nosocomio ad un altro. Quindi a volte siamo in presenza di concause poste in essere da soggetti diversi. Il mediatore quindi, sicuramente con l’ausilio della documentazione medica depositata e con un colloquio analitico con la parte istante, deve riuscire a capire, prima dell’invio delle lettere di convocazione, chi è realmente il soggetto responsabile dell’evento dannoso. Da qui l’importanza della specializzazione dei mediatori in materia e del supporto dell’Organismo.
Il buon esito della mediazione in materia di responsabilità medica e sanitaria è auspicabile più che in ogni altra materia in quanto siamo in presenza di danni alla salute. Il danneggiato è in una situazione di netta inferiorità soprattutto psicologica nei confronti del soggetto responsabile e quindi non c’è tra le parti un bilanciamento di interessi. Mancando questo bilanciamento, diventa difficilissimo trovare un accordo che solo un mediatore che conosce bene la materia può portare a buon fine.
L’altro scoglio per la buona riuscita della mediazione, sia per quanto riguarda la partecipazione che per il raggiungimento di un accordo, è la spada del “danno erariale” che pende sopra la testa degli enti pubblici.
Se da una parte la sentenza del settembre 2013 della Corte dei Conti Sezione giurisdizionale della Regione siciliana di Palermo ha chiaramente invitato tutti gli enti pubblici a partecipare alla mediazione onde evitare un maggior aggravio di spese, dall’altra altre Sezioni giurisdizionali hanno sanzionato le ASL e i dirigenti delle stesse, per aver sottoscritto degli accordi stragiudiziali, a parere della Corte, svantaggiosi. Quindi ad oggi spesso capita che un ente pubblico preferisca che sia un Tribunale a stabilire l’esatta entità del danno piuttosto che trovare un accordo transattivo.
Di fatto, la transazione non è di per se “pericolosa” per gli amministratori, ma solo nella misura in cui in base agli elementi disponibili non sia conveniente.
Visto che ad oggi la maggior parte delle ASL è in regime di autotutela, cioè non hanno più copertura assicurativa e provvedono in prima persona a risarcire i danni, a mio avviso la mediazione potrebbe salvaguardare il dirigente che sottoscrive un verbale di accordo ottenuto tramite l’aiuto di un terzo (il mediatore) e quindi un soggetto super partes.
Nella negoziazione privata tra ASL e danneggiato molte informazioni possono essere non chiare o non apparire per iscritto e quindi il dirigente potrebbe essere chiamato a fornire dei chiarimenti da parte della Corte dei Conti. In mediazione c’è un accordo scritto che contiene tutte le informazioni sul caso e sul risarcimento offerto e quindi il “processo negoziale” è più chiaro ed equilibrato che è l’aspetto che discrimina la responsabilità da danno erariale.
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