Usucapione

Quando parliamo di Mediazione, concettualmente, ci riferiamo a quell’ insieme di delicate attività poste in essere da un terzo e finalizzate a trovare un accordo tra due o più parti, su una determinata questione, inerente un diritto disponibile.
Il risultato auspicabile di tale impegno è sempre la conciliazione delle diverse posizioni, che si concretizza nella concorde volontà delle parti di un accordo, i cui termini e condizioni vengono inseriti o allegati al verbale che chiude la procedura di mediazione.

L’usucapione, inserita tra i “diritti reali”, in realtà, deve essere intesa come quella facoltà, garantita dall’ordinamento a ciascuna persona, di acquisire, a titolo originario, la proprietà di un bene unicamente in virtù del suo possesso ventennale ininterrotto, pubblico e pacifico.
La modifica dell’art. 2643 c.c. attuata dal D.L. 69/2013 e convertito dalla L.98/13, sanando una notevole lacuna della precedente normativa in tema di mediazione obbligatoria, ha inserito al numero 12-bis), tra gli atti trascrivibili, anche “gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

La norma parla di “processo verbale”, intendendo così indicare, a mio modesto parere, quell’insieme di atti a formazione autonoma quali, nella fattispecie, il verbale di mediazione, a firma delle parti, dei rispettivi avvocati e del mediatore, ed il testo dell’accordo, a firma delle parti, autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ossia da un notaio.
Tale interpretazione, in realtà, trova la sua fondatezza nel fatto che, se così non fosse, nel medesimo atto troverebbero caotica collocazione diverse figure professionali quali, il mediatore che certifica le firme, gli avvocati delle parti che attestano la conformità dell’accordo raggiunto alle vigenti leggi ed alle norme di ordine pubblico dello Stato Italiano ed infine, il pubblico ufficiale che autentica le firme di tutti e, naturalmente, in un unico contesto spazio temporale. Non mi pare che ciò sia né coerente né logico, specie se ci si prefigge la semplificazione delle procedure!
Nella prima ipotesi, invece, le parti possono verbalizzare l’obbligo di recarsi dal notaio per la sottoscrizione dell’accordo e, successivamente, rincontrasi in mediazione per la stesura del verbale definitivo, al quale allegare il testo dell’accordo già sottoscritto avanti il pubblico ufficiale, formando così il “processo verbale” a cui la norma fa riferimento.
Certo, molto più semplice sarebbe se, in tale contesto, il pubblico ufficiale fosse lo stesso mediatore ma, ciò accade in Romania, in Italia è ancora fantascienza!

Ma, andando al contenuto dell’accordo, possono le parti realmente “accordarsi” in tema di usucapione?
Il termine “accordo” sottintende sempre l’esito di una precedente “negoziazione” che, in questa fattispecie, non può esserci, se non si vuole travisare il significato stesso di “usucapione” ossia “acquisire con l’uso”.
La norma parla di “accordi che accertano l’usucapione” dunque è questo ciò su cui le parti dovranno essere concordi:l’accertamento del possesso pacifico, pubblico ed ininterrotto, per oltre venti anni, del bene in capo ad un soggetto che, solitamente, è la parte istante.
L’accordo, dunque, che impropriamente si dice tale, oltre all’indicazione precisa delle parti e del bene oggetto di usucapione, dovrà contenere un’attentissima, scrupolosa e dettagliata ricostruzione fattuale e probatoria del diritto che si intende accertare.
Il pubblico ufficiale, leggasi sempre notaio, inoltre, nonostante l’art. 2643 c.c. 12-bis) non lo preveda in maniera esplicita, non potrà esimersi dal controllo di legittimità e regolarità formale e documentale dell’atto, anche se la sua presenza è stata richiesta solo ai fini dell’autentica delle firme.
Se si fosse voluto attribuire ai notai l’onere di stilare direttamente questo atto soggetto a trascrizione, si sarebbe avuto un duplicato di quanto già nelle facoltà di tali pubblici ufficiali i quali, secondo quanto disposto dalla loro legge professionale, ormai da circa ottanta anni, avrebbero la facoltà di ricevere le dichiarazioni dell’usucapiente e di inserirle in un atto pubblico di compravendita nel quale il venditore – usucapiente dichiara sotto la sua responsabilità di voler alienare quel bene, sul quale da oltre venti anni esercita “uti domino” ogni potere di piena signoria.
E’ un vero peccato che ciò non avvenga così tranquillamente come il legislatore degli anni ’30 lo aveva pensato! Inoltre, dal punto di vista delle garanzie giuridiche, la “sentenza dichiarativa” con la quale l’usucapiente acquista, a titolo originario, ogni signoria sul bene usucapito, una volta trascritta, può essere opposta ai terzi mentre, la trascrizione del “processo verbale”, ottenuto all’interno di un procedimento di mediazione, ha puro valore “prenotativo” sulla valida acquisizione della proprietà del bene che, legittimamente, in assenza di ulteriori contestazioni da parte di terzi, che possono sempre opporsi alla suddetta trascrizione, avverrà, normalmente, dopo dieci anni.

Per quanto sopra, è pienamente giustificabile, ancora, la poca fiducia riposta nell’efficacia dell’Istituto della Mediazione, così come è attualmente concepito, come adeguata risoluzione dei molteplici casi di usucapione.
C’è anche da dire che, nella quasi totalità dei casi, l’avente titolo ricorre a questo istituto giuridico solo quando, trovandosi un po’ in là con gli anni, desidera sistemare la propria situazione patrimoniale, pensando ai beni da lasciare ai suoi eredi.
Non di rado, in molti casi, è necessario ricorrere alla notifica per pubblici proclami nei confronti di coloro che, catastalmente, risultano gli intestatari del bene,
Questa procedura, che è assai costosa e complicata, è soggetta a valutazione ed autorizzazione da parte del Presidente del Tribunale competente che, non sempre acconsente a tale inconsueta prassi.
Tirando le somme, la mediazione che consente adesso la trascrizione del processo verbale è già un buon passo avanti rispetto alla precedente concezione, del tutto inutile, di verbale di mediazione in seno ad una procedura obbligatoria di mediazione in tema di usucapione ma, “ictu oculi” non siamo ancora alla soluzione del problema.

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